La Cavallerizza è un luogo in cui si vuole vivere. Non ha bisogno di cambiamenti radicali, solo di un cambiamento buono e preciso. Per far sì che la Cavallerizza sia come è sempre stata, ma anche come sarà sempre.

Prendersi cura

Un profondo sentimento di rispetto ha guidato l’approccio alla progettazione, la Cavallerizza è un complesso palinsesto di segni stratificati nel tempo, e perciò la ricerca si è a lungo concentrata sulla legittimità di ogni azione progettuale. L’esercizio adottato è stato quello della descrizione, il suo strumento è stato il disegno. “Sorvegliare”, “vedere”, “indagare” per prendersi cura.

In questo modo, ci si prende cura della storia dell’edificio in tutti i suoi strati e le sue apparenze, ma si aggiungono anche nuovi strati, umili e attenti, alla sua storia futura. Questo non è solo un atto di rispetto verso la storia, ma anche verso un possibile futuro cambiamento atteso. L’idea del riuso non deve avere solo un significato per il presente, ma anche per un cambiamento futuro. Il riutilizzo dovrebbe in ogni momento preparare un prossimo riutilizzo. Lo intitoliamo (P)re-use.

Questa non è solo una proposta di progetto, ma di atteggiamento. L’atteggiamento di leggere e rileggere il dato per rendere disponibile il futuro come richiesto, è un metodo. Questa proposta è un inizio, e la rilettura diventerà un atteggiamento condiviso con tutti coloro che sono coinvolti nel processo futuro.

In questo modo tutti si sentiranno partecipi e la Cavallerizza non sarà solo per tutti, ma di tutti. Essere coinvolti significa essere impegnati. Per prendersi cura di questa Cavallerizza in un futuro prossimo.

Progetto classificato al quarto posto, nella classifica del concorso “Città nella città”, indetto per la riqualificazione della Cavallerizza Reale di Torino.

Spazi aperti, pubblici, connessi

Il progetto degli spazi aperti del complesso della Cavallerizza scaturisce dalla sua comprensione come concatenazione di principali organi urbani, nuclei e arterie circostanziati dai muri degli edifici che vi si affacciano. Lo spazio esterno è pubblico, qui si svolgono i principali riti collettivi, dalla festa al ritrovo, all’esposizione, al «passeggio».

Lo spazio esterno è collettivo e mantiene una componente di voluta vaghezza che lo rende aperto alle più svariate interpretazioni e pratiche. Pochi interventi precisi ristabiliscono e amplificano il ruolo di uno spazio interconnesso e accessibile, continuamente diverso, per definire sia con gli edifici, sia con la città rapporti di grande varietà e complessità. L’articolata ma sostanziale coerenza delle pavimentazioni esterne – realizzate in acciottolato con inserti lapidei e, sotto i portici, mattoni – è di contrappunto alla varietà degli edifici che vi si affacciano, a ciascuno dei quali corrispondono differenti proporzioni, matericità e decori: ciò genera specifiche e differenti esperienze spaziali che vengono accentuate e disvelate dall’approccio paesaggistico che, a seconda delle aree, consolida rapporti esistenti con la vegetazione o ne genera di nuovi.

Opus cratitium alla Cavallerizza

La re-iterazione dell’opus cratitium (nella tecnica costruttiva romana, l’opera a graticcio è la muratura leggera costituita da un telaio portante di legno poggiato su uno zoccolo in muratura riempito da argilla) nel caso dell’Ala del Mosca avviene da una semplice antica struttura muraria leggera a un odierno cratitium operandi aperto, invitante e multistrato.

Ciò che si può trarre dall’incendio è reso evidente nell’atteggiamento verso le Pagliere, dove gli spazi perduti a causa dei roghi diventano luogo di nuove opportunità rispetto alle aspettative del programma. Quando la Rotonda diventa uno spazio a porte aperte, i quattro quadranti e le quattro ali intorno si trasformano in uno spazio ottagonale, in cui si alternano spazi interni ed esterni per l’esposizione e lo spettacolo. Lo chiamiamo “la rosa degli spazi”. Il vecchio teatro diventa uno di questi, solamente aggiornandolo in tutte le tecniche necessarie. Così come i cortili, dove si mantengono e introducono in maniera gradevole alcune azioni sulla pavimentazione e sul verde.

Architecten Jan de Vylder Inge Vinck

Lo studio di architettura con sede a Gand, in Belgio, ha all’attivo numerosi progetti apparsi su pubblicazioni e in mostre internazionali. Tra i premi ricevuti, il Leone d’argento alla Biennale di Venezia nel 2018.

Architecten Jan de Vylder Inge Vinck – capogruppo / project leader (Gand, Belgium)
Amarchitecture + Fakeauthentic (Milano)
OASI architects studio associato (Busto Arsizio, Varese)
RSLandscape (Faggeto Lario, Como)
Roberto Segattini (Brunate, Como)
A&A – Ingegneri Associati (Torino)
PROJEMA (Torino)